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Roma, performance dell’artista Kyrahm: dal sangue, un abbraccio e un messaggio di pace

giovedì, 29 dicembre 2022 15:24

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L'artista Kyrahm
Fabrizio Federici
Domenica 8 gennaio, al Teatro “Tordinona” in Via degli Acquasparta 16, nel centro storico di Roma, si svolgerà la nuova performance “Human Installation XXIII: GRAAL”, dell’artista Kyrahm, operante a livello internazionale, conosciuta per la sua arte estrema, tra live e performance art, video arte e cinema sperimentale. Autrice di opere spesso sconvolgenti, ha ottenuto in Italia e all’estero premi e riconoscimenti. Nella performance art, a differenza del teatro, tutto ciò che avviene è reale, non c'è interpretazione. Nessuno, quindi, l’8 gennaio al Tor di Nona reciterà. La performance art ha origini antichissime, ma in Occidente è dagli anni Sessanta che assistiamo a questa forma di espressione artistica: prima con l’azionismo viennese (la discussa corrente artistica del ‘900 sviluppatasi in Austria alla metà degi anni ’60, affine alle contemporanee esperienze internazionali dell’ happening e, appunto, della performance art) e con la body art estrema, poi con la "violazione" della carne, vissuta come un evento epocale.
Sarà la storica dell’arte Sibilla Panerai, dell’Università di Pescara, a presentare il nuovo lavoro di Kyrahm: con un excursus sulle sue opere più significative nel panorama dell’arte contemporanea in Italia e all’estero. Kyrahm è artista italiana: nel 2008 fonda il movimento artistico-performativo Human Installations, e avvia il sodalizio professionale con la regista e performance artist Julia Pietrangeli. Ogni performance diviene un progetto di videoarte, che prende parte a rassegne, festival ed esposizioni in Europa, America Latina e USA. Nello stesso periodo, Kyrahm incontra l’artista americano Ron Athey, cui dedica “Sacrifice”, performance estrema sul rapporto tra body art ed iconografia cristiana.
Nel corso degli anni si è occupata di opere su tematiche sociali come carcere, migrazioni, omofobia, lotta alle mafie. ll suo lavoro è oggetto di studio presso scuole d’arte, Accademie ed Università in Italia e all’estero, e ha ottenuto premi e riconoscimenti (come il Premio “Arte laguna di Venezia”, miglior video sezione “comizi d’amore” al festival del cinema arcipelago): diventando, nel corso degli anni, una figura di riferimento della live art italiana, spesso citata e/o coinvolta in progetti anche da esponenti della cultura mainstream.
Nella performance, che inizierà alle 21.40 con una serie di azioni anche estreme, persone di diversi Paesi e culture effettueranno un prelievo di sangue, in un rituale antico. L’intenzione è portarlo poi in una riserva Indiana in Arizona: dove sarà il nutrimento per la coltivazione di un fiore nelle Terre dei nativi, spazi "concessi" a coloro che, in realtà, dovrebbero esserci di diritto. Si scaverà – sottolineano gli organizzatori - sino alle radici del razzismo. La raccolta del sangue è parte di un processo di de-significazione dei simboli del predominio occidentale: processo in cui il versare sangue in un terreno non è più sinonimo di guerra, ma è un atto d'amore.
L’opera sarà oggetto di un documentario di Kyrahm e Julia Pietrangeli (nomination al Premio “Globo d’oro 2019”, e miglior regìa nella sezione documentari del “Social world film festival”). L’8 gennaio, in teatro, vedrà il coinvolgimento di artisti e persone note nella scena underground europea: tra gli ospiti, Alessandro Kola, fondatore del progetto di Fakir - Show&Suspension “Freak's Bloody Tricks”. Saranno presenti anche gli artisti del Bloody Cirkus, nonchè Fabio Cappa, Antares Misandria, anche loro attivi sulla scena underground. Il canto del soprano Giulia Nardinocchi, la cadenza del dj Jozimar, la danza africana di Keba accompagneranno l’azione: in una nuova chiave ritualistica urbana volta a ribadire che l’umanità è un unico tessuto, ed il sangue è uguale per tutti.
Alle 23:00 esatte, sempre durante la performance, ci sarà un abbraccio di pace tra persone che nel loro Paese di origine vivono l’esperienza dei conflitti: alla stessa ora, ci saranno altrettanti abbracci di solidarietà in vari Paesi del mondo. La rappresentazione diventa, così, un invito all’amore, universale, contro il razzismo e la guerra: in un momento storico lacerato da guerre che ci scorrono vicine o lontane e, a causa delle quali, a pagare il prezzo del sangue sono sempre i soggetti più vulnerabili.
Hanno aderito anche altre personalità della cultura: come Andrea Zittlau, artista e ricercatrice dell'Università di Rostock (Germania), Fenia Kotsopoulou, artista greca ed insegnante di performance art all'accademia di Arhem (Olanda); Giulia Casalini, curatrice, artista e ricercatrice da Londra, Oscar Sanchez (Messico), Adriana Golpe (Valencia).
A precedere l'evento, i due body artist Kola (Berlino) e Kyrahm hanno performato "Hot Warm Up": da cui è nata la serie fotografica "Black Ink and White Skin", che li ritrae a letto. "Make Love, Not War" è il motto di queste immagini, scattate in omaggio al "Bed In" di John Lennon e Yoko Ono: che nel 1969 (l’anno della Luna e di Woodstock) stettero per 14 giorni in un letto per protestare contro la guerra in Vietnam.
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